Me la sono andata a cercare, Tommy Dibari - Recensione -

mercoledì 27 settembre 2017
Quando Tommy trova il coraggio di dire a suo padre che vorrebbe diventare scrittore e chissà,magari, insegnare ad altri l'amore per la scrittura, si sente rispondere un laconico "ti passerà!" manco fosse una malattia esantematica 

me la sono andata a cercare

Tommy Dibari


Editore: Cairo Editore
Prezzo: 13,00€
Pagine: 141

Trama: Quando Tommy trova il coraggio di dire a suo padre che vorrebbe diventare scrittore e chissà, magari, insegnare ad altri l’amore per la scrittura, si sente rispondere un laconico: «Ti passerà!». Manco fosse una malattia esantematica. Inizia da qui, in una Barletta bellissima e pettegola, il lungo cammino di un ragazzo verso la realizzazione del sogno di una vita. Sì, perché a Tommy, nel frattempo diventato uomo, la malattia non passa, anzi si aggrava, e lo spinge a inondare di richieste le scuole della sua regione. Finché un giorno, finalmente, il suo telefono squilla e lui si ritrova davanti a una classe di adolescenti, la prima di tante. Sa come provocarli, i ragazzi, come spiazzarli costringendoli ad aprirsi, abituati come sono a una scuola sempre più simile a un ospedale che respinge i malati e cura i sani. La scrittura creativa gli apre anche la porta verso mondi abitati da un’umanità fragile: il carcere, un centro di salute mentale, un ricovero per anziani, dove Tommy frequenta la sua personale scuola di vita. Incontra Pino, detto Pinuccia, che coltiva aspirazioni da vamp imprigionato in un corpo maschile, Peppe il bambino che vuole essere uno squalo, Gino che parla della morte in cambio di una caramella al limone e poi Michele, Pierluigi, Domenico, Carmine e Matteo che combattono i loro demoni con un rap: volti che non dimenticherà più, voci che lo accompagneranno per sempre.

Quando ho iniziato a leggere questo libro, mi aspettavo di tutto, ma non di certo la sensazione di trovarmi in un Alice nel paese delle meraviglie odiena, con un protagonista maschile e con Barletta come luogo iniziale.  Nonostante il libro non raggiunga nemmeno le duecento pagine, l'autore mette in ogni riga ogni possibile emozione, facendoci sentire spaesati, quasi intimoriti da tutto ciò che stiamo leggendo. 

Non fraintendetemi, Me la sono andata a cercare, non è un libro horror, non troveremo mostri sotto il letto o pagliacci nelle fogne, ma la sensazione che ci lascia è comunque da togliere il fiato. Il nostro protagonista, Tommy, ci racconta la sua vita come se stessimo in un cinema quasi vuoto, con delle diapositive sullo schermo e la sua voce narrante fuori dall'esterno. Dalle prime pagine iniziamo a conoscere la sua vita e le sue abitudini, il suo muovere i primi passi in un mondo curioso, con la voglia di scrivere e con un padre che non lo prende sul serio. Girando pagina, la voce narrante diventa adulta, ma il suo bisogno di scrivere di certo non passa. La voce è tagliente, sottile, sarcastica nei modi giusti, ma così evocativa che il libro si riesce a finire in poche ore. 

Tommy ci prova, si affaccia nel mondo della scrittura come insegnante di scrittura creativa. La sensazione è quasi tragicomica e come un treno sulle rotaie comincia la corsa, così anche Tommy comincia a correre e a non fermarsi mai. Il corso di scrittura creativa è un momento irripetibile, quasi magico. Come lettrice ho letto quel passaggio diverse volte per memorizzarlo meglio, per sentirlo ancora più mio. Me la sono andata a cercare è quel libro che tutti gli scrittori o gli aspiranti scrittori dovrebbero leggere, è il paradiso per chi cerca la soluzione su come scrivere e creare un capolavoro.

Andando avanti nelle pagine l'autore sembra portarci in milioni di libri, con citazioni sparsi qua e la e mai comunque casuali. Il percorso che andiamo a fare con il nostro protagonista è intenso, nonostante gli ostacoli, le cadute e le botte prese, Tommy va avanti e noi con lui. Pagina dopo pagina si entra nell'ambientazione del paese delle meraviglie, con un intenso livello di creatività, passo dopo passo, i personaggi che appaiono nella vita del protagonista sono seppur tanti, l'uno comunque diverso dall'altro, così vivi che ci sembrerà di vederli realmente. 

Perdersi in queste pagine è davvero molto facile, ritornare a rileggere un passaggio lo è ancora di più, perché lo stile dell'autore è così incalzante, da voler leggere tutto, anche la lista della spesa. 

Me la sono andata a cercare ha i toni dolci amari, ha lo stile di una sceneggiatura cinematografica, ricorda a tratti i film con Alberto Sordi, con la sua poesia e la sua caratterizzazione in ogni personaggio. Personaggi strani, folli, labirinti e schemi mentali che ricordano le città invisibili di Italo Calvino, in questo romanzo c'è di tutto e come un abile tessitore, l'autore tira i fili della sua tela, imbrogliandone noi all'interno.

Vi invito a leggere le lettere che l'autore ne cela all'interno, vi invito a soffermarvi su ogni sua parola, a leggere anche le righe nascoste e a sospirare per il tesoro prezioso che Me la sono andata a cercare nasconde all'interno. E' un libro che non si assapora, ma si divora voracemente e si tiene lì, con tutti gli animali nello stomaco. 


Diciamocelo "pazzo" è un termine che dovrebbe scomparire, punto e basta. Non di certo per essere sostituito da una parola equivalente o simile. Dovrebbe essere abolito dal vocabolario perché, è chiaro, se esiste il pazzo, allora si suppone con una certa arbitrarietà che esista anche il normale...
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