Al destino non ci credo [e per fortuna nemmeno io] Recensione

martedì 9 maggio 2017
Non sono nemmeno duecento pagine, eppure questo libro è stato capace di farmi consumare un intero inchiostro di una penna blu, centinaia di post it sparsi in giro sulla scrivania - con la gioia dei gatti - e fumare non so quante più sigarette possibili. Su questo libro sono tremendamente in crisi, perché nonostante siano passati giorni, io non so effettivamente se può essere o meno una presa in giro.  Non lo so. Non riesco ad inquadrarlo, quindi mi scuso già in anticipo se questa recensione potrà sembrare un bombardamento accozzato di pensieri, un no sense che lascia più dubbi che certezze.



al destino non ci credo

Carlo Fallace


Editore: Kimerik
Prezzo: 13,00€
Pagine: 196


Trama: Charlotte è una ragazza che è dovuta crescere troppo in fretta. Strappata dalle braccia dei suoi genitori e delle persone che amava, viene condotta in un campo di prigionia. Qui subirà umiliazioni e i suoi occhi saranno costretti a vedere la morte di tante persone care. Ma, nello stesso posto, conoscerà anche l'amore: riuscirà infatti a fare breccia nel cuore di George, una guardia del campo che si innamorerà della sua generosità, della sua bontà d'animo e soprattutto della capacità di Charlotte di mettere sempre gli altri al primo posto. Una storia di morte, quindi, ma anche una storia d'amore.

Ho mangiato una banana. Mi preparo il caffè, fumo una sigaretta prima e fumo una sigaretta dopo. Do una carezza al cane mentre russa, osservo i gatti giocare con la pallina, eppure sono ancora qui, davanti a questo foglio bianco a cercar di scrivere una recensione decente su Al destino non ci credo, che d'ora in poi chiameremo libro Buh. Buh perché non riesco esattamente a capire che emozioni mi ha suscitato, Buh perché non capisco come mai con i più grandi titoli di storia a cui potesse ispirarsi, l'autore non si sia soffermato, Buh perché non so se in realtà stia prendendo in giro noi lettori avendo consapevolezza di ciò che ha scritto o semplicemente è troppo fresco per capire. Buh perché in realtà la storia poteva prendere un senso, darci quella botta al petto per l'argomento trattato da non dimenticare mai, eppure il tutto è stato preso forse con troppa foga di finir di scrivere o troppa superficialità ingenua.

Al destino  non ci credo è un libro che inizia con l'azione già avviata. Charlotte è una ragazzina che viene portata via insieme al fratello più piccolo e alla madre, in un furgone verso i campi di concentramento. In queste pochissime righe troviamo la morte del fratello che anche qui mi ha fatto storcere un po' il naso, perché non ha un significato, non ha una potenza da farci dispiacere, da farci sentire la sua mancanza. Lo abbiamo conosciuto un paio di righe prima e già muore, cercando poi di nascondere la morte con un "ma no figurati sta solo dormendo". In queste poche righe conosciamo anche Charlotte, che almeno per me un bel pugno in testa forse avrebbe fatto più effetto. 

Di Charlotte non sappiamo nulla, non riusciamo a immedesimarci in lei per il suo essere completamente assente. In questo libro Charlotte la sentiamo in quanto ci narra la storia, ma non sentiamo la sua forma, non diventiamo Charlotte. Se nei libri mi piace e cerco il personaggio di carta che riesce a diventare vivo, qui Charlotte è solo un contorno. 

Già dalle prime pagine,  già dalle prime righe troviamo la guardia che deporta Charlotte nei campi, già persa di lei. Perché? Più veloce della luce e del colpo di fulmine? E' una ragazzina appena incontrata e già ne sei pazzamente innamorato e pronto a dar la vita per lei? Troppo, davvero troppo.

Sarà l'età dell'autore, giovanissimo, ma il libro scritto in questa maniera su un tema che dovrebbe essere profondo e toccante, diviene troppo superficiale, scritto tanto per scrivere qualcosa. 

L'autore descrive i personaggi e tutto ciò che subiscono nel campo di concentramento e di come il ragazzo, quella guardia, cerca comunque di vivere il suo amore con Charlotte. Le emozioni, il toccare quella parte del nostro cuore, in questo libro, non si sente. Non abbiamo la sensazione di vivere la mancanza dell'uscita, la mancanza della vita con Charlotte. Non abbiamo la sensazione di sentirci vivi ed è un peccato. 

In questo libro premio l'idea che c'è dietro, il voler raccontare qualcosa con la voce di una ragazza, il voler raccontare una storia che bene o male non dobbiamo mai dimenticare. Ma condanno l'aver scritta troppo in fretta, condanno l'ingenuità o la consapevolezza di esser stato troppo superficiale. In poche pagine e in una scrittura così elementare non si possono dar voce a sentimenti. La pochezza che ne è scaturita ha lasciato arido quello che doveva essere il piacere di un lettore, il mio.

Credetemi, ho cercato di apprezzare questo libro, di scorrere le pagine e dargli una possibilità, di annullare quel risentimento per aver deprezzato un tema tanto importante, ho scarabocchiato post it pensando ora quel colpo di scena arriva e mi spiazza, ma sono arrivata alla fine solo con un enorme BHA.

Un libro che ricorda le poesie di Boh nei Simpson, un libro che piega e si spezza subito. Peccato.


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