Electric State, Simon Stålenhag - Recensione -

venerdì 8 maggio 2020


ELECTRIC STATE

Simon Stålenhag 

Prezzo: 25,00
Pagine: 144

Trama: 1997. Una ragazza fuggita di casa e il suo piccolo robot giallo sono in viaggio verso Occidente attraverso un insolito paesaggio statunitense. Le rovine di giganteschi droni da battaglia sono disseminate per le campagne, ammucchiate insieme ai resti abbandonati di una civiltà ipertecnologica e consumistica, ormai in declino. A mano a mano che la loro auto si avvicina all’estremità del continente, il mondo fuori dai finestrini sembra disfarsi sempre più velocemente, come se, da qualche parte oltre l’orizzonte, il cuore vuoto della civiltà stesse infine per collassare.

Non è mai facile riuscire a mettere per iscritto i pensieri quando si tratta di un libro illustrato e sopratutto non è mai facile quando ci si ritrova di fronte a delle immagini così crude ed evocative come quelle di Simon Stålenhag, autore di fama mondiale che in un certo senso può essere definito come il creatore di opere futuristiche. 

Ogni immagine di Electric State è angosciante, insolita, realista e cruda allo stesso tempo, è un immagine che ogni volta che si guarda si riesce a scorgere un dettaglio non notato prima e lascia addosso una sensazione di amarezza allo stesso tempo. 

Già dalle prime pagine l'autore ci trasporta nel 1997 alla fine di una battaglia, dove il terreno diviene fossa a cielo aperto dei relitti dei droni abbandonati. 
I personaggi arrancano passo dopo passo, lungo la strada del loro viaggio e l'autore con abile maestria, ci trasporta in una realtà forse troppo tecnologica, ricca di desolazione e melanconia.

Le immagini così cupe e melanconiche al tempo stesso, accanto al testo del viaggio, trasportano il lettore all'interno di un mondo dove la stessa tecnologia diventa droga per l'uomo, dove per poter evadere bisogna entrare all'interno di una gabbia: di un casco che illumina con arcobaleni e gioia la realtà virtuale.



Pagina dopo pagina le illustrazioni e la stessa scrittura divengono quasi un canto di un racconto che, se pur spaventoso, ammalia con i suoi minuziosi dettagli. 

Electric State non è solo un albo illustrato, ma diviene un'esperienza di cui è difficile sia farne a meno, che riprendersi facilmente.
Leggere dopo aver guardato significa perdersi nel proprio oblio e non riuscire comunque a rinunciare a tutto ciò.

Il lettore arriva quasi a sentirsi immedesimato all'interno dell'albo illustrato e a temere che forse questa realtà non è poi così lontana come si pensa. 

Electric State è essenziale, ricco, sfumato, particolare...è quella voce che se pur non vuoi ascoltare, ti rimane dentro comunque. 

2 commenti on "Electric State, Simon Stålenhag - Recensione - "
  1. Una storia forte, che ci mostra una realtà in cui effettivamente potremmo precipitare anche noi!

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  2. Le immagini sono proprio tanto evocative, hai ragione. È stato un viaggio la lettura di questo libro

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