Dotter of her Father’s Eyes, Mary e Bryan Talbot - Recensione in Anteprima

giovedì 13 febbraio 2020

Dotter of her Father’s Eyes

Mary e Bryan Talbot

Prezzo: 14,90€
Pagine: 96
Editore: NPE

Trama: La vita di Lucia viene raccontata attraverso la difficile relazione con il padre (che rifiutava la sua carriera di ballerina), l’intrico bohémien della relazione tra i suoi genitori, il suo amore per Samuel Beckett, l’odio nei confronti di sua madre, infine la pazzia. Un graphic novel intenso e poetico realizzato dalla coppia Mary e Bryan Talbot. Un volume “biografico”, in cui Mary Talbot riversa un interesse di natura strettamente personale: la sceneggiatrice è infatti la figlia dell’eminente studioso di Joyce, il professor James S. Atherton, un uomo difficile, ossessivo, sempre chiuso nel suo studio, che rievoca inevitabilmente la figura di Joyce e il suo rapporto con la figlia. Le tavole di Bryan, invece, forniscono alla storia di sua moglie alcuni dei disegni più belli di tutta la sua carriera: bianchi e neri di una Parigi degli anni ’30, seppie per il dopoguerra in Inghilterra, quattro colori per il presente.

Recensire una graphic novel che ha uno spessore del genere è difficile, lascia senza fiato e a malapena si riescono a trovare le parole. Il passato e presente diventano una linea sottile evocativa dove, con maestria e magnificenza, si mescolano portandoci a diventare avidi lettori pronti a divorare tutto: immagini, testo, spazi e pure i silenzi pur di far nostra la storia.

James Joyce, nato nel 1882, è stato un grande scrittore cosmopolita, anticonformista capace di creare opere che tutt'ora ne vengono citate, tuttavia il carattere così burbero e difficile portò ad avere un rapporto difficile con la figlia Lucia che finì, poco dopo i venticinque anni, in manicomio per schizofrenia.

In questa graphic novel gli autori portano la voce di Lucia a confrontarsi con la voce dell'autrice stessa, in una sorta di biografia del passato e presente, dove è l'autrice a riflettersi negli occhi di quella figlia non capita.

Mary Talbot rivede nella figura dello scrittore James Joyce il rapporto complicato con il padre creando tavole a colori che rappresentano la sua storia: quel presente moderno, quella realtà di adesso circondata dalla solita routine quotidiana, dove la storia nella storia porta una stessa Mary a scoprire la vita di Lucia.

Superata la pagina, Mary lascia spazio alla storia di Lucia, dove l'autore Bryan Talbot accompagna le tavole a colori della moglie con tavole bianche e nere che evocano l'ambientazione passata degli anni Trenta in un'aria poetica e dal ritmo malinconico e color seppia per identificare il periodo del dopoguerra.

Dotter of her Father’s Eyes non è la classica graphic novel, è un racconto di anime dove l'alternanza tra punti di vista differenti porta comunque le due protagoniste ad incatenarsi l'un l'altro in un abbraccio che sembra sussurrare io ti posso capire.

Leggendo la storia di Lucia ci si aggrappa a piccoli momenti di felicità del quotidiano sperando che non siano solo vane illusioni, facendoci rendere conto di quanto è facile fare degli errori anche inconsapevolmente; tuttavia le conseguenze di quegli errori arrivano dritte al petto pagando un prezzo troppo alto dove alla fine si da colpa al destino. 

E allora siamo lì, che cerchiamo la mano di Lucia per spingerla a rimboccarsi le maniche e a non sentirsi abbandonata, giriamo poi la pagina e siamo lì con Mary che con quei colori ci ridona una botta al petto e ci riporta alla realtà adeguata ad un passato che diventa presente.

Il testo insieme alle immagini riescono ad emozionarci facilmente in maniera molto naturale e sottile: le tavole così minuziose nei dettagli tessono piccole opere d'arte che rimangono impresse nella nostra memoria e si ha voglia di riviverle ancora e ancora.

Mary e Bryan Talbot con una semplice graphic novel sono riusciti a realizzare un viaggio letterario intenso e profondo che lascia quel senso di malinconia, quel calore nell'animo che avidi non vorremmo lasciar andar via. 




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