Fairy Oak, Il destino di una fata, Elisabetta Gnone - Recensione -

lunedì 22 novembre 2021

IL DESTINO DI UNA FATA,


FAIRY OAK 


Elisabetta Gnone

Trama: Gli Occhi di Brace distruggono ogni cosa. Una nuova voce, quella dell’autrice, ci racconta la storia di Fairy Oak. Sa molte cose e moltissime ne svela, arricchendo il dipinto che ritrae il popolo della Valle di Verdepiano di dettagli assai curiosi e di nuove, inaspettate sfumature. Il nuovo romanzo di Elisabetta Gnone rivela tutti i segreti (o quasi) della comunità, buffamente assortita, che convive serenamente nel villaggio della Quercia Fatata. In questi anni all’autrice sono state rivolte tante domande e curiosità a proposito della saga, e ha pensato che un libro potesse colmare quei vuoti e risolvere quei dubbi che in tanti sentono ancora d’avere riguardo i suoi abitanti. Poiché l’autrice sa tutto di questa storia, ed è una voce fuori campo, può svelare segreti, entrare in dettagli e raccontare aneddoti e situazioni che i suoi personaggi non possono conoscere o riferire. Per esempio Elisabetta sa quando Grisam Burdock s’innamorò di Pervinca Periwinkle – il momento esatto – e quando il cuore del giovane inventore Jim Burium diede il primo balzo per la sorella di Pervinca, Vaniglia. Sa cosa pensò la fata Felì la prima volta che vide dall’alto il piccolo villaggio affacciato sul mare ed è soprattutto di lei che vi narra, del primo e dell’ultimo anno che Sefeliceleisaràdircelovorrà passò a Fairy Oak, e di quei pochi istanti in cui si compie il destino di una fata. Un destino comune a molti, come scoprirete...


Siamo a casa. 
Non ci sono altre parole per descrivere questo libro se non siamo a casa. Negli anni, Fairy Oak è stato qualcosa di importante per me... fin troppo; è stata quella calda coperta che mi ha scaldato nei momenti freddi. Mi basta soltanto pronunciarne il nome per sorridere e sentirmi bene e, in tanti anni, solo Elisabetta Gnone ha la possibilità di farmi sentire così.

Ancora una volta, l'autrice ci riporta a casa raccontandoci ogni minuzioso dettaglio di ciò che abbiamo amato. Non c'è nulla che non funzioni in questo libro, solo che forse - almeno per me - finisce troppo presto. Il destino di una fata ci permette di guardare attraverso una finestra, proprio in quella valle che abbiamo amato, dandoci la possibilità di nuovo di stare bene con noi stessi e con i personaggi che sono diventati parte di noi, come se fossero un nostro prolungamento. 

Fairy Oak non è una lettura semplice di quelli che prendi e dimentichi: Fairy Oak è un'esperienza e si vive come tale. Elisabetta Gnone è la dimostrazione che uno scrittore è anche un musicista, un compositore che tratta le parole come in una sinfonia. Anche qui, ne Il destino di una fata, il suo stile di scrittura è poetico e melodioso e i personaggi diventano reali, presenti nella nostra famiglia.

Fairy Oak non è soltanto un libro ma una vera e propria reliquia da tenere salda a sé, da custodire e poi tramandare ai propri cari. Elisabetta Gnone ci ricorda quanto anche se adulti, bisogna sempre conservare l'ingenuità e la meraviglia del nostro bambino interiore. Non dimentichiamo di osservare il mondo con i suoi occhi, non dimentichiamo che su una foglia di un verde brillante, proprio lì, può esserci una fata ad attenderci venuta da un posto non poi così lontano. 

Anche questa volta la Salani Editore non tralascia nulla; come sempre le illustrazioni sono cariche di colori, intense ed evocative. Sono pennellate di arcobaleni che si abbracciano e ci fanno sospirare dallo stupore. Piccoli gioielli. 

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